In questo articolo, pubblichiamo il testo integrale del video creato dal Dott. Enrico Ballor e pubblicato sul canale YouTube ufficiale di Medicina del Respiro dedicato al tema Polmonite e Broncopolmonite: quando i Problemi Respiratori si fanno Seri.
Introduzione
Sentiamo spesso parlare di polmonite o di broncopolmonite, ma di cosa si tratta veramente?
Vediamo meglio insieme:
- Cos’è la Polmonite
- Cosa Causa la Polmonite
- Cosa Causa la Polmonite
- Cos’è la Broncopolmonite
- Forme di Polmonite
- Come prevenire la Polmonite
con l’aiuto del Dott. Enrico Ballor, Pneumologo a Torino.
Polmonite e Broncopolmonite: quando i Problemi Respiratori si fanno Seri (Video)
Partiamo dal video Polmonite e Broncopolmonite: quando i Problemi Respiratori si fanno Seri per chi se lo fosse perso.
Trascrizione
Che cos’è la polmonite?
In medicina quasi tutto ciò che finisce in “ite” indica infiammazione, e la polmonite non si sottrae a questa regola.
La polmonite consiste in un’infiammazione dei polmoni, o per meglio dire, in un’infiammazione di una zona di polmone, che si presenta con certi sintomi particolari e che comporta, qualche volta, anche dei rischi, delle complicazioni e dei problemi particolari da risolvere.
L’infiammazione polmonare può essere la conseguenza di un processo infettivo che interessi il polmone, provocato da virus o da batteri, e in questo caso si parlerà di polmonite infettiva o polmonite microbica.
Oppure può essere la conseguenza di una radiazione ionizzante che interessi il polmone, ad esempio nei pazienti che si sottopongo a radioterapia per un tumore polmonare, o mammario, o per un linfoma, e in questo caso parleremo di polmonite attinica, cioè polmonite da raggi, da radiazioni.
Il termine broncopolmonite sta invece semplicemente a significare che l’infiammazione non interessa solo il polmone ma si estende a interessare anche i bronchi.
Ci sono alcune categorie di persone che sono più vulnerabili da un punto di vista delle difese immunitarie, e che più facilmente rischiano con maggior facilità di sviluppare una polmonite.
Tra queste ci sono sicuramente i neonati, gli anziani di età superiore a 65 anni, i soggetti portatori di malattie respiratori croniche tra le quali la bronchite cronica, la BPCO (la broncopneumopatia cronica ostruttiva), l’enfisema polmonare, le bronchiectasie, la fibrosi cistica, ma anche soggetti in età avanzata affetti da asma bronchiale o dalle diverse forme di fibrosi polmonare.
Ma anche i pazienti con un tumore maligno a diversa sede, possono più facilmente ammalare di polmonite, in quanto il tumore rappresenta una condizione di minor vigilanza immunitaria. La stessa chemioterapia alla quale sono sottoposti questi soggetti facilita gli episodi polmonitici.
Polmonite più frequente nei pazienti con AIDS, o in quelli trattati cronicamente con i cortisonici per le malattie più diverse. Ma, ancora, i tossicodipendenti e gli alcolisti.
La polmonite spaventa sempre molto la gente, perchè nell’immaginario collettivo viene spesso vista un po’ come l’anticamera della morte. Il fatto che in un anziano, con una malattia cronica, la comparsa di una polmonite rappresenti sempre una condizione di elevato rischio, questo non autorizza a pensare che una polmonite si debba sempre comunque concludere con la morte.
Non è così! Specie nei giovani.
Una polmonite, se ben curata e affrontata in modo competente dallo specialista, è generalmente una malattia che, come altre, si risolve e guarisce senza lasciare conseguenze. Incomincerò col dire che, diversamente da quanto la gente pensi, non tutte le polmoniti sono da ricoverare in ospedale.
Il ricovero è consigliato per certe categorie di persone che, più di altre, possono presentare delle complicazioni durante il decorso della malattia, le categorie più fragili, pazienti con malattie cardiache, con malattie renali, con il diabete.
Di solito se è ben seguita e controllata in modo attento, anche a domicilio, la polmonite può essere affrontata a casa propria, naturalmente con qualche accortezza che lo pneumologo saprà consigliare da caso a caso. Oggi, con la possibilità di disporre dell’ossigeno anche a domicilio, senza grossi problemi, è diventato per lo specialista più agevole seguire il decorso di una polmonite anche a casa del paziente, al difuori, come ho detto, di quelle situazioni di maggior rischio che consigliano più prudenzialmente, il ricovero in ospedale nel caso di pazienti più critici clinicamente.
I batteri frequentemente causa di polmonite, possono provenire dall’esterno, da altri soggetti infetti che tossiscono i microbi responsabili nell’aria e di qui vengono inalati da un soggetto che poi si ammala.
O possono essere già presenti all’interno dell’organismo in forma quiescente, non attiva, ma che in presenza di cause favorenti esterne (ad esempio il freddo, un momento di particolare stress psico-fisico, o altro) oppure di calo delle difese immunitarie o di concomitanti infezioni virali, questi germi, che già si trovano all’interno delle vie aeree e che stanno li buoni-buoni, si attivano e provocano la polmonite.
Ci sono forme di polmonite diversa, in funzione della parte anatomica del polmone che colpiscono.
Così si possono avere polmoniti “alveolari”, quando a essere interessati dal processo infiammatorio del polmone sono in particolare gli alveoli, cioè le microscopiche cellette piene d’aria, al fondo dei bronchi, che riforniscono di ossigeno il sangue ed estraggono dal sangue l’anidride carbonica.
O ci sono le polmoniti interstiziali, quando a essere maggiormente interessato dal processo infiammatorio è l’interstizio polmonare, cioè la struttura reticolata del polmone, l’impalcatura del polmone.
Per diagnosticare una polmonite batterica si ricorre all’esame colturale sull’espettorato emesso dal paziente con la tosse. Si isolano i germi responsabili e con l’antibiogramma si testano quali antibiotici sono maggiormente attivi e efficaci a uccidere i microbi responsabili che sono stati isolati con l’esame colturale.
Si fa una radiografa del torace e si conferma il dubbio già emerso nel corso della visita del paziente.
Meglio, in ogni caso, prevenire la polmonite, piuttosto che curarla quando già si è sviluppata. Con misure di prevenzione e profilassi immunologica, ad esempio con il vaccino antinfluenzale o quello antipneumococcico nei soggetti a maggior rischio, tra i quali voglio aggiungere anche i pazienti splenectomizzati, cioè quelli ai quali è stata asportata la milza per una malattia ematologica o per una causa traumatica, incidente della strada o altro.
E poi la sempre indispensabile ed economica prevenzione orientata a limitare i contagi interumani, ad esempio in periodo a rischio per la trasmissione di infezioni per via aerea, per via respiratoria, l’evitare luoghi affollati con soggetti che tossiscono e starnutiscono, cinema, teatri, chiese, mezzi pubblici, tanto consigliati per ridurre l’inquinamento da traffico delle città, ma tanto poco sani se considerati dal punto di vista del maggior rischio di trasmissione di forme respiratorie infettive da un soggetto all’altro.
L’ascensore, non salire quando esce qualcuno prima di aver atteso un po’ per consentire un certo ricambio dell’aria dalla cabina, uno scendendo starnutisce al 4° piano, e quando arriva a terra scende, io salgo, e salendo mi faccio magari per 8 piani l’aerosol con i suoi germi,, con i suoi microbi,. e dopo 2 giorni ho la febbre, e dopo 4, se sono già un po’ cagionevole, mi sono preso la polmonite! Altro che “colpo d’aria”! Il freddo!
Mi sale la febbre, sempre più alta, tosse che diventa sempre più insistente, dolore a respirare, al torace, dispnea, cioè difficoltà e respirare, espettorazione catarrale densa, colorata, qualche volta con presenza di sangue, molta stanchezza, sudorazione appena mi muovo, tutto è fatto con fatica, inappetenza, magari anche herpes sul labbro, la classica “febbre” del labbro.
Ma ci sono polmoniti non solo d’inverno, con il freddo, ci sono polmoniti anche d’estate, con il caldo. Sono quelle che spaventano di più, perchè sono meno facilmente giustificabili, nella testa della gente.
Poi ci sono altre forme di polmonite, meno frequenti.
Più particolari. Quella micotica, ad esempio, da funghi, di nuovo più tipica degli immunodepressi. O la polmonite cosiddetta ”ab-ingestis”, in chi ad esempio è stato colpito da un ictus cerebrale e presenta una condizione di disfagia, cioè di deglutizione difficoltosa, con liquidi o solidi che vanno di traverso, che si infilano purtroppo nelle vie aeree, anziché andare nello stomaco, per difficoltà a compiere l’atto della deglutizione, e portano alimenti e germi nelle vie aeree e nel polmone con sviluppo, di nuovo, di polmonite. Una polmonite necessita sempre di un parere esperto, specie in quei casi, senza apparente spiegazione, in cui la polmonite tende a ripresentarsi nello stesso soggetto, magari nella stessa sede, quando già sembrava risolta.
Lo specialista pneumologo, indipendentemente dalla scelta di una terapia antibiotica empirica con farmaci che inizialmente possono magari essere somministrati anche solo per via orale, o che successivamente possono lasciare invece spazio a terapie iniettive, intramuscolari, lo pneumologo, dicevo, segue il paziente fino a processo risolto e vigila su eventuali complicazioni che possano fare la loro comparsa durante il decorso e che consigliano, in questo caso, il ricovero in un ambiente più protetto e tra virgolette tecnologico, spesso inizialmente non necessario, non indispensabile.
Anche nel caso della polmonite, vale il detto “meglio prevenire”, la polmonite, che curarla quando è già presente, dovendosi poi occupare delle possibili e ben più rischiose complicanze una volta sviluppatasi la malattia.